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L’acqua sorgente di vita

L’acqua sorgente di vita
dal 5 settembre al 23 dicembre 2021

La Galleria Moshe Tabibnia presentaL’acqua sorgente di vita, un nuovo allestimento che intende riallacciarsi alle due mostre che nello stesso periodo la galleria promuove al MIART di Milano, in collaborazione con BUILDING (Il silenzio delle radici, 17-19 settembre 2021) e al Museum of Islamic Civilization di Sharjah, in collaborazione con il MAO di Torino (Drop by Drop Life Falls from the Sky. Water, Islam and Art, 8 giugno -12 dicembre 2021).

Intimo dialogo fra l’anima moderna di BUILDING e quella antica della Galleria Moshe Tabibnia, l’esposizione Il silenzio delle radicisvela un’inedita installazione dedicata all’artista Remo Salvadori, in dialogo con una selezione di importanti frammenti tessili antichi dal XV al XVI secolo, proveniente dalla collezione Moshe Tabibnia. Le opere plasmate da Remo Salvadori riecheggiano in modi imprevedibili nelle trame antiche delle opere tessili esposte.

Contemporaneamente, al Museum of Islamic Civilization di Sharjah sono disvelate tre straordinarie opere tessili della Galleria Moshe Tabibnia, nella mostra Drop by Drop Life Falls from the Sky. Water, Islam and Art, che racconta il rapporto tra acqua e Islam, dalle sue radici più antiche ai suoi tanti complessi sviluppi. Una narrazione attraverso immagini, oggetti, reperti, libri e miniature che rivela l’acqua e le sue molteplici rappresentazioni nell’arte islamica.

In connessione con le mostre del MIART e di Sharjah, la Galleria Moshe Tabibnia presenta un nuovo allestimento con alcune delle opere più significative della collezione che rimandano al tema dell’acqua e alle sue infinite declinazioni assunte nell’arte tessile: dalle raffigurazioni dei fiumi del paradiso, alle rappresentazioni dei giardini celesti, fino ai tanti motivi ornamentali e simbolici legati all’acqua e ai rituali ad essa connessi.

Principale fonte di vita e metafora di vita eterna, da sempre l’acqua ha ispirato e permeato l’arte sin dai tempi delle più antiche civiltà, veicolando simbologie metafisiche e rievocando paesaggi ultramondani e regni celesti. Zampillano fontane e scorrono ruscelli nelle numerose raffigurazioni del giardino celeste, tema ricorrente in tutte le civiltà antiche e in tutte le tradizioni in cui era forte la dimensione religiosa e spirituale della vita.

In particolar modo, il giardino celeste nell’immaginario islamico ha assunto una ben precisa rappresentazione che seguiva la narrazione dei testi sacri coranici e che si ritrova ben visibile nei cosiddetti “tappeti a giardino”: una vera e propria categoria di tappeti in cui il giardino è immagine del paradiso. Vero e proprio paesaggio terrestre, il giardino del paradiso raffigurato sui tappeti è una mappa celeste attraversata da motivi simbolici, dove l’acqua rappresenta la fonte di vita eterna.

Fra le opere più emblematiche di tappeto a giardino, l’esposizione presenta un classico esempio di tappeto “Chahrbagh” (Tappeto a giardino “Chaharbagh”, Persia nord-occidentale, XVIII secolo, I metà), il tipico giardino quadripartito nella Persia safavide di derivazione achemenide, dove una rappresentazione a volo d’uccello mostra un giardino popolato da alberi, animali di varia specie, e attraversato da canali d’acqua ortogonali che confluiscono in un punto centrale, solitamente caratterizzato da una grande vasca con fontana.

In mostra anche altri tappeti e tessuti di manifattura persiana che raffigurano preziosi giardini; fra cui il tappeto a preghiera “Salting” di epoca safavide (Tappeto a preghiera, Persia centrale, XVI secolo, II metà), il cui campo presenta nella nicchia di un mihrab un vaso d’acqua da cui scaturiscono fiori e vari motivi vegetali.

La tradizione del giardino persiano si trova reinterpretata in una dimensione più lirica nello straordinario tappeto di epoca Mughal (Tappeto “Amber” a sagoma, Lahore?, India settentrionale,1650 circa), appartenuto in precedenza alla collezione del Maharaja Sawai Man Singh II, dove la composizione adornata da rose, iris e papaveri, è l’espressione onirica della raffinatezza aristocratica della cultura di corte Mughal.

Esemplare unico nel suo genere, in mostra un singolare tappeto a giardino caucasico (Tappeto a  giardino, Caucaso, XVIII secolo), il cui disegno di ascendenza persiana, presenta un rarissimo campo color verde adornato da aiuole fiorite e da una grande piscina centrale caratterizzata dall’acqua rossa e popolata da motivi astratti. Simbolo centrale di questo giardino, l’acqua della piscina è metafora di immortalità e vita eterna. L’acqua rossa, liquido vitale primordiale, dà vita al giardino stesso e alla sua bellezza. Simboli astratti fluttuano sull’acqua di cui solo quello centrale è per noi leggibile: riporta al suo interno i quattro punti cardinali dell’universo a ricordare come la cosmologia era sempre intessuta nella visione ‘naturalistica’ del giardino celeste.

Non solamente nelle opere della tradizione orientale, l’acqua appare anche nell’immaginario artistico e simbolico dei paesi occidentali: una brocca circondata da fiori spicca su due preziosi ricami dell’Epiro del XVII secolo, in mostra, dove l’acqua è simbolo di purezza per raffigurare la sposa “casta come acqua cristallina”; mentre una natura rigogliosa anima gli arazzi fiamminghi “Feuille de Choux” del XVI secolo, due in esposizione, evocando non solamente paesaggi esotici ma anche il biblico Giardino dell’Eden descritto nell’Antico Testamento.

Il percorso continua conducendo il visitatore a immergersi fra le sinuose vegetazioni dei tappeti di manifattura cinese di epoca Ming (Tappeto a decoro floreale, Pechino?, Cina, XVI secolo, II metà), dove composizioni di peonie, fiori di loto, crisantemi e diverse altre tipologie floreali riportano all’elegante ricercatezza della corte imperiale cinese.

Impreziosiscono l’allestimento anche importanti frammenti tessili: opere di straordinaria importanza storico-artistica, create dalle più importanti civiltà che hanno eccelso nell’arte tessile, a partire da un arazzo copto del VI secolo d.C., una delle più antiche testimonianze tessili esistenti, passando per raffinati ricami safavidi e sofisticati tessuti ispano-moreschi del XV secolo.

Punto focale dell’esposizione: “Una sorgente nel punto dello sguardo”, un’opera di Remo Salvadori che riflette sull’azione vivificante e sorgiva dell’acqua, il cui fluire attiva il processo della visione attraverso lo sguardo del soggetto e si offre come un “continuum” sospeso tra Infinito e Momento. E tra essi si sviluppa l’evolversi spaziale e temporale dell’esistenza.


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