In occasione di Milano MuseoCity 2025 la realtà della Galleria Moshe Tabibnia e della Fondazione Antonio Ratti si incontrano per dare luogo a una mostra dedicata al tessile antico.
In mostra opere iconiche per tipologia e pattern decorativi nell’ambito della produzione tessile europea a cavallo tra Quattrocento e Seicento. Questi tessuti di grande pregio e ricchezza si trovano oggi in veste di frammenti, di piccole o medie dimensioni, alcuni dei quali conservano sagome, resti di cuciture o pieghe che testimoniano il passato utilizzo, quali abiti o arredo.
Introduce alla sala l’arazzo “Il trionfo di Ester”, della II metà del XVI sec., dove possiamo vedere nella scena affollata, una grande attenzione dedicata alle sontuose vesti indossate dai vari personaggi, riccamente ricamate e panneggiate. Nel dettaglio, gli abiti che indossano Assuero e la dama alla sinistra di Ester, mostrano una grande melagrana sul petto, motivo molto presente nel repertorio decorativo dei secoli indagati in questa mostra. La melagrana non solo richiama al legame con l’Oriente, ma testimonia un simbolismo che la cristianità fece propria, adottando il significato di matrice persiana di eternità e infondendo nuovi significati, quali la passione di Cristo, con il suo succo rosso, e la comunione dei santi, testimoniata dai numerosi chicchi custoditi al suo interno. Questo frutto, insieme alla pigna e al cardo, dominano i repertori dei velluti, lampassi, broccatelli provenienti dalla Fondazione Antonio Ratti. Stessi motivi che troviamo trasposti nel tappeto di provenienza spagnola della Galleria Moshe Tabibnia.
In mostra vengono presentati anche lampassi figurati della Fondazione Ratti, particolare produzione di Lucca, datata circa agli inizi del XV secolo, che vedeva la produzione di scene raffiguranti la vita di Cristo e della Madonna e che avevano lo specifico scopo di adornare gli stoloni e i pettorali dei paramenti ecclesiastici.
Dai grandi impianti decorativi sviluppatisi tra Quattrocento e Cinquecento, con infiorescenze e disegni grandi quanto l’intera altezza pezza (di circa di 55 cm), il repertorio fatto di fiori, frutti, elementi vegetali dal 1550 diventa sempre più piccolo. I tessili da arredo cominciano a differenziarsi da quelli per il vestiario, sia per pattern decorativo che per tipologia di costruzione. È il caso del telo da parato lucchese della collezione Ratti, un broccatello con grandi ovali a sviluppo verticale formati da due tralci di vite con pampini e uva legati da corone, sono visibili due leoni affrontati, un grande vaso da cui fuoriesce un mazzo di fiori e due aquile. I tessuti in mostra sono solo una piccola selezione di esemplari della Fondazione Ratti, che conserva un grandissimo campionario per forme e colori.
Un caso a parte è quello del grande frammento di tappeto italiano con motivo fiammato, dalla collezione Moshe Tabibnia che ad un primo sguardo differisce dagli altri manufatti esposti, sia per colori che pattern decorativo. Invece, la presenza di questo motivo è riscontrata nell’Italia centrale del XVII secolo circa, nello specifico Umbria e Toscana, e veniva utilizzato nei tessuti di arredo.
Infine, come confronto alla produzione europea, trovano spazio nell’esposizione anche dei tessili cinesi e ottomani, pochi esemplari ma estremamente preziosi ed esemplificativi del genere. I motivi sono quelli del repertorio botanico, nei due tessuti cinesi del Periodo Ming (1368-1644), sono rappresentati fiori di loto in delicati filati d’oro cartaceo, mentre in quelli ottomani dominano palmette, boccioli e tulipani estremamente stilizzati.
In mostra opere iconiche per tipologia e pattern decorativi nell’ambito della produzione tessile europea a cavallo tra Quattrocento e Seicento. Questi tessuti di grande pregio e ricchezza si trovano oggi in veste di frammenti, di piccole o medie dimensioni, alcuni dei quali conservano sagome, resti di cuciture o pieghe che testimoniano il passato utilizzo, quali abiti o arredo.
Introduce alla sala l’arazzo “Il trionfo di Ester”, della II metà del XVI sec., dove possiamo vedere nella scena affollata, una grande attenzione dedicata alle sontuose vesti indossate dai vari personaggi, riccamente ricamate e panneggiate. Nel dettaglio, gli abiti che indossano Assuero e la dama alla sinistra di Ester, mostrano una grande melagrana sul petto, motivo molto presente nel repertorio decorativo dei secoli indagati in questa mostra. La melagrana non solo richiama al legame con l’Oriente, ma testimonia un simbolismo che la cristianità fece propria, adottando il significato di matrice persiana di eternità e infondendo nuovi significati, quali la passione di Cristo, con il suo succo rosso, e la comunione dei santi, testimoniata dai numerosi chicchi custoditi al suo interno. Questo frutto, insieme alla pigna e al cardo, dominano i repertori dei velluti, lampassi, broccatelli provenienti dalla Fondazione Antonio Ratti. Stessi motivi che troviamo trasposti nel tappeto di provenienza spagnola della Galleria Moshe Tabibnia.
In mostra vengono presentati anche lampassi figurati della Fondazione Ratti, particolare produzione di Lucca, datata circa agli inizi del XV secolo, che vedeva la produzione di scene raffiguranti la vita di Cristo e della Madonna e che avevano lo specifico scopo di adornare gli stoloni e i pettorali dei paramenti ecclesiastici.
Dai grandi impianti decorativi sviluppatisi tra Quattrocento e Cinquecento, con infiorescenze e disegni grandi quanto l’intera altezza pezza (di circa di 55 cm), il repertorio fatto di fiori, frutti, elementi vegetali dal 1550 diventa sempre più piccolo. I tessili da arredo cominciano a differenziarsi da quelli per il vestiario, sia per pattern decorativo che per tipologia di costruzione. È il caso del telo da parato lucchese della collezione Ratti, un broccatello con grandi ovali a sviluppo verticale formati da due tralci di vite con pampini e uva legati da corone, sono visibili due leoni affrontati, un grande vaso da cui fuoriesce un mazzo di fiori e due aquile. I tessuti in mostra sono solo una piccola selezione di esemplari della Fondazione Ratti, che conserva un grandissimo campionario per forme e colori.
Un caso a parte è quello del grande frammento di tappeto italiano con motivo fiammato, dalla collezione Moshe Tabibnia che ad un primo sguardo differisce dagli altri manufatti esposti, sia per colori che pattern decorativo. Invece, la presenza di questo motivo è riscontrata nell’Italia centrale del XVII secolo circa, nello specifico Umbria e Toscana, e veniva utilizzato nei tessuti di arredo.
Infine, come confronto alla produzione europea, trovano spazio nell’esposizione anche dei tessili cinesi e ottomani, pochi esemplari ma estremamente preziosi ed esemplificativi del genere. I motivi sono quelli del repertorio botanico, nei due tessuti cinesi del Periodo Ming (1368-1644), sono rappresentati fiori di loto in delicati filati d’oro cartaceo, mentre in quelli ottomani dominano palmette, boccioli e tulipani estremamente stilizzati.